ORA SON DA SOLO MA SPERO …
COME MI SONO INTERESSATO DI CALCIO
Quando il 17 giugno 1970 Gianni Rivera infilava il mitico 4 a 3 contro la Germania, io galleggiavo ancora nell’acqua contenuta nel ventre materno. Essendo quello l’ultimo periodo della mia permanenza in tal loco – e come si sa dopo i quattro mesi il feto assorbe tutti gli stimoli e gli stati d’animo provenienti dall’esterno – le urla di mio padre, riveriano di ferro, devono aver inoculato nei miei piccoli neuroni il demone del pallone, tanto che per i primi nove anni della mia vita gridavo “forza Milan” senza nemmeno sapere di che cosa si trattasse.
Dato poi che la fortuna aiuta i principianti, mi è toccato in sorte di assistere all’esordio in serie A di Franco Baresi e all’ultimo gol di Gianni Rivera, due che si sono passati il testimone di “bandiera del Milan”, ovviamente diventata la mia squadra del cuore. Mi sembra onesto e doveroso mettere in chiaro fin da subito la mia fede calcistica, cosa che non mi impedirà di trattare tutti i campioni e tutte le squadre allo stesso modo.
Dato poi che la fortuna aiuta i principianti, mi è toccato in sorte di assistere all’esordio in serie A di Franco Baresi e all’ultimo gol di Gianni Rivera, due che si sono passati il testimone di “bandiera del Milan”, ovviamente diventata la mia squadra del cuore. Mi sembra onesto e doveroso mettere in chiaro fin da subito la mia fede calcistica, cosa che non mi impedirà di trattare tutti i campioni e tutte le squadre allo stesso modo.
PERCHE’ RACCONTARE IL CALCIO
Una volta resomi conto di che cosa volesse dire il gioco del calcio, la passione è stata subito tanta, nonostante il primo “scandalo scommesse” che ha condannato il mio Milan alla retrocessione. Del footbal mi piaceva conoscere tutto: le squadre, i calciatori e fin da subito la storia, prima ascoltando i racconti di parenti e amici più grandi, poi leggendo libri ed articoli. Però non ne sapevo mai abbastanza, perché non mi interessava conoscere solamente i grandi campioni o i grandi club, ma anche i giocatori e le squadre che solitamente non vengono mai citate dalle più famose trasmissioni sportive o sulle principali testate giornalistiche. Il mio sogno è sempre stato quello di avere uno strumento chiaro, utile per conoscere tutti i risultati e i marcatori di tutte le partite di serie A fin dalla sua fondazione, le squadre scese in campo, lo svolgimento delle partite: in pratica tutto quanto ha riguardato questi oltre 110 anni di calcio in Italia.
La prima ragione, quindi, è direttamente connessa alla soddisfazione di un desiderio personale di conoscenza.
Interessandomi di calcio, sono venuto a contatto anche con gli aspetti meno piacevoli di questo mondo: scandali, polemiche e violenza. Ogni volta, dopo lunghe presentazioni del problema, la conclusione è stata sempre la stessa: “una volta era meglio”.
Avendo probabilmente io contratto pure il morbo di San Tommaso, mi è sorta la necessità di constatare l’effettiva veridicità di questa convinzione e di cose interessanti ne ho scoperte. A proposito degli scandali, per esempio, sono tante le società che hanno pianto prima del Milan nel 1980; basti pensare che il Torino sta ancora cercando di farsi riassegnare uno scudetto revocatogli nel 1927 a causa di un tentativo di corruzione dell’allora terzino della Juventus e della nazionale Luigi Allemandi. Fanno scandalo certi indulti ed indultini nei confronti dei colpevoli di alcune malefatte odierne, soprattutto quando la nazionale raggiunge certi risultati: ma andate a vedere l’atteggiamento nei confronti dello stesso Allemandi squalificato a vita, tenuto dall'”integerrima” federazione dell’epoca, dopo il bronzo olimpico del 1928!
Vi ricordate le polemiche seguite al mancato stop della Champion’s League la sera del crollo delle Torri Gemelle? Anche li pistolotti sull’inopportunità di giocare e sul cinismo di un mondo che ha perso tutti i valori! Ma che cos’è successo durante i primi tre anni della II guerra mondiale? E se in questo caso possiamo imputare all’allora regime fascista il mancato stop del campionato a scopo propagandistico, a chi imputiamo quello dopo la tragedia del Vajont nel 1963 edopo l’alluvione che sommerse Firenze e Venezia nel 1966, con la squadra lagunare giunta a Cagliari mezz’ora prima della gara in quanto non ottenne nessun rinvio dell’impegno nonostante la tragedia abbattutasi sulla città.
Dal 1979, anno della mia consapevolezza calcistica, ho assistito a tante, anzi troppe tragedie connesse con il mondo del calcio: dal petardo che ha ucciso Vincenzo Paparelli durante un derby Roma-Lazio, alla strage dell’Heysel, ai fatti di Catania dove un poliziotto in servizio ha lasciato assurdamente moglie figli e questo mondo in seguito alle ferite infertegli da teppisti armati di pezzi di servizi igenici asportati dal vecchio “Cibali,” per finire con l’assurda morte del giovane Gabriele Sandri, freddato da una pallottola sparata a trenta metri, attraverso un’intera autostrada, per fantomatici motivi d’ordine pubblico. Ogni volta è stato un susseguirsi di dibattiti, di urla, di leggi puntualmente disattese e di ragionamenti che bene o male affermavano che”una volta non era così”.
E’ proprio vero? Per la risposta rimando al racconto della finale della “Lega Nord” del campionato 1924-25 quando tra i tifosi saltò fuori anche una pistola. Tanti sono stati i fatti di violenza avvenuti negli stadi prima del 1963, anno del primo morto in seguito agli incidenti scoppiati durante una gara di calcio. Non voglio giustificare nessuno, ma desidero porre l’accento sul fatto che fin da subito è stato tollerato un modo sbagliato di vivere l’avvenimento sportivo e che gli stadi sono presto diventati una zona franca dove sfogare qualsiasi istinto represso di violenza. Sostenere che prima tutto andava bene, significa negare una delle cause del problema: ossia il tipo di approccio all’evento agonistico nel quale. l’avversario è sempre stato visto come un nemico da eliminare e non come un’entità necessaria per il confronto, senza il quale nessun campionato sarebbe possibile.
Questi sono alcuni dei luoghi comuni che mi piacerebbe sfatare in quanto ritengo che una visione chiara ed obbiettiva dei fatti contribuisca alla crescita di tutti. Non essendo io nè un filosofo nè uno storico e nemmeno un ricercatore, bensì un umile calciofilo, cerco di dare il mio modesto contributo mettendo online le mie conoscenze in materia.
La prima ragione, quindi, è direttamente connessa alla soddisfazione di un desiderio personale di conoscenza.
Interessandomi di calcio, sono venuto a contatto anche con gli aspetti meno piacevoli di questo mondo: scandali, polemiche e violenza. Ogni volta, dopo lunghe presentazioni del problema, la conclusione è stata sempre la stessa: “una volta era meglio”.
Avendo probabilmente io contratto pure il morbo di San Tommaso, mi è sorta la necessità di constatare l’effettiva veridicità di questa convinzione e di cose interessanti ne ho scoperte. A proposito degli scandali, per esempio, sono tante le società che hanno pianto prima del Milan nel 1980; basti pensare che il Torino sta ancora cercando di farsi riassegnare uno scudetto revocatogli nel 1927 a causa di un tentativo di corruzione dell’allora terzino della Juventus e della nazionale Luigi Allemandi. Fanno scandalo certi indulti ed indultini nei confronti dei colpevoli di alcune malefatte odierne, soprattutto quando la nazionale raggiunge certi risultati: ma andate a vedere l’atteggiamento nei confronti dello stesso Allemandi squalificato a vita, tenuto dall'”integerrima” federazione dell’epoca, dopo il bronzo olimpico del 1928!
Vi ricordate le polemiche seguite al mancato stop della Champion’s League la sera del crollo delle Torri Gemelle? Anche li pistolotti sull’inopportunità di giocare e sul cinismo di un mondo che ha perso tutti i valori! Ma che cos’è successo durante i primi tre anni della II guerra mondiale? E se in questo caso possiamo imputare all’allora regime fascista il mancato stop del campionato a scopo propagandistico, a chi imputiamo quello dopo la tragedia del Vajont nel 1963 edopo l’alluvione che sommerse Firenze e Venezia nel 1966, con la squadra lagunare giunta a Cagliari mezz’ora prima della gara in quanto non ottenne nessun rinvio dell’impegno nonostante la tragedia abbattutasi sulla città.
Dal 1979, anno della mia consapevolezza calcistica, ho assistito a tante, anzi troppe tragedie connesse con il mondo del calcio: dal petardo che ha ucciso Vincenzo Paparelli durante un derby Roma-Lazio, alla strage dell’Heysel, ai fatti di Catania dove un poliziotto in servizio ha lasciato assurdamente moglie figli e questo mondo in seguito alle ferite infertegli da teppisti armati di pezzi di servizi igenici asportati dal vecchio “Cibali,” per finire con l’assurda morte del giovane Gabriele Sandri, freddato da una pallottola sparata a trenta metri, attraverso un’intera autostrada, per fantomatici motivi d’ordine pubblico. Ogni volta è stato un susseguirsi di dibattiti, di urla, di leggi puntualmente disattese e di ragionamenti che bene o male affermavano che”una volta non era così”.
E’ proprio vero? Per la risposta rimando al racconto della finale della “Lega Nord” del campionato 1924-25 quando tra i tifosi saltò fuori anche una pistola. Tanti sono stati i fatti di violenza avvenuti negli stadi prima del 1963, anno del primo morto in seguito agli incidenti scoppiati durante una gara di calcio. Non voglio giustificare nessuno, ma desidero porre l’accento sul fatto che fin da subito è stato tollerato un modo sbagliato di vivere l’avvenimento sportivo e che gli stadi sono presto diventati una zona franca dove sfogare qualsiasi istinto represso di violenza. Sostenere che prima tutto andava bene, significa negare una delle cause del problema: ossia il tipo di approccio all’evento agonistico nel quale. l’avversario è sempre stato visto come un nemico da eliminare e non come un’entità necessaria per il confronto, senza il quale nessun campionato sarebbe possibile.
Questi sono alcuni dei luoghi comuni che mi piacerebbe sfatare in quanto ritengo che una visione chiara ed obbiettiva dei fatti contribuisca alla crescita di tutti. Non essendo io nè un filosofo nè uno storico e nemmeno un ricercatore, bensì un umile calciofilo, cerco di dare il mio modesto contributo mettendo online le mie conoscenze in materia.
PIU’ SIAMO E MEGLIO È
Per quanto affascinante, raccontare oltre cento anni di storia del calcio, cercando di contestualizzarla nel clima sociale ed economico della nostra Italia è un lavoro gravoso che spero di assolvere almeno discretamente. Per quanto io goda di una certa cultura, qualche cosa mi sfuggirà sicuramente. Per questo motivo gradirò anche il tuo aiuto, in modo da rendere il lavoro il più completo e dettagliato possibile.
Tutto il materiale raccolto proviene dalla lettura di libri e di siti internet che provvederò a citare nei ringraziamenti, soprattutto quelli dei tifosi che, improvvisatisi storici della loro squadra, mi hanno trasmesso la giusta carica di passione.
Tutto il materiale raccolto proviene dalla lettura di libri e di siti internet che provvederò a citare nei ringraziamenti, soprattutto quelli dei tifosi che, improvvisatisi storici della loro squadra, mi hanno trasmesso la giusta carica di passione.
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